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Psichiatria, psicoanalisi e nuova biologia della mente

Eric R. Kandel (2007) 

Milano, Raffaello Cortina Editore, pp. 480

Eric R. Kandel, premio Nobel per la medicina e la fisiologia, raccoglie in questo volume una serie di articoli che illustrano la sua posizione in merito ai rapporti fra psichiatria, psicoanalisi e neuroscienze. Dal resoconto autobiografico che precede i saggi, si apprende che Kandel è da sempre interessato alla psicoanalisi, che tale interesse ha preceduto e in parte motivato quello successivo per le neuroscienze. Kandel è di fatto uno psicoanalista mancato, avendo egli molti anni fa intrapreso una formazione in tal senso, cui si è progressivamente sostituita la nota e brillante carriera di neuroscienziato e studioso delle basi genetiche e molecolari della memoria. La posizione dell’Autore è semplice: la psicoanalisi risente di un grave deficit di scientificità, ma può evitare il declino accettando l’incontro con le neuroscienze, che a differenza di essa hanno conseguito negli ultimi decenni risultati fondamentali

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Di là dall’ossequio formale, egli di fatto svaluta piuttosto grossolanamente la psicoanalisi, decretando in maniera apodittica e sorprendentemente disinformata che essa negli ultimi decenni non avrebbe compiuto alcun significativo progresso. Kandel esplicita nel modo più compiuto le sue tesi in due articoli successivi: “Un nuovo contesto intellettuale per la psichiatria” e “La biologia e il futuro della psicoanalisi”. La psichiatria che egli ha di mira è quella influenzata dalla psicoanalisi e centrata sulla psicoterapia. Pena la perdita della sua vitalità e credibilità, la psicoanalisi dovrebbe cercare di fondare sulle scoperte neuroscientifiche le sue intuizioni “umanistiche”. Essa è in altri termini in attesa di convalida dalle neuroscienze, come nel caso della distinzione fra memoria esplicita e implicita, che autorizzerebbe a parlare di un inconscio non rimosso lasciando “in sospeso” l’inconscio rimosso freudiano.

 Quello che Kandel propone non è un dialogo fra due discipline con oggetti e metodi d’indagine diversi, bensì la subordinazione dell’una all’altra, oscillando in modo incoerente fra riduzionismo metodologico, riduzionismo ontologico e tentazioni dualiste. Di fatto, non è tanto per il loro rigore metodologico che egli concepisce le neuroscienze come banco di prova della psicoanalisi, bensì perché tende a identificare la mente col cervello. Eppure, Kandel si limita ad affermare che ogni processo mentale “è anche” (non “solo”) un processo neurale, auspicando ad un tempo che la psicoanalisi introduca un po’ di “umanesimo” (un po’ di “spirito”?) nella concezione neurobiologica della mente. L’Autore non perde occasione di elogiare la psicoanalisi, ma non possiede i requisiti per condurre un adeguato discorso interdisciplinare, dato che se è eccezionalmente competente come neuroscienziato, non lo è altrettanto come psicoanalista e come epistemologo.

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