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IPA e Nazioni Unite: collaborazioni e dinamiche transferali in tempi caotici- report del panel della commissione per le Nazioni Unite al Congresso IPA a Lisbona, 2 agosto 2025. Di Laura Ravaioli

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IPA e Nazioni Unite: collaborazioni e dinamiche transferali in tempi caotici- report del panel della commissione per le Nazioni Unite al Congresso IPA a Lisbona, 2 agosto 2025. Di Laura Ravaioli

IPA e Nazioni Unite: collaborazioni e dinamiche transferali in tempi caotici- report del panel della commissione per le Nazioni Unite al Congresso IPA a Lisbona, 2 agosto 2025.

A cura di Laura Ravaioli laura.ravaioli@spiweb.it

Al 54° Congresso dell’International Psychoanalytical Association che si è tenuto nell’estate 2025 a Lisbona ho avuto il piacere di coordinare il panel “The IPA and the United Nations: collaborations and transferential dynamics in chaotic times” (L’IPA e le Nazioni Unite: collaborazioni e dinamiche transferali in tempi caotici) e di condividere il lavoro della subcommittee IPA per le Nazioni Unite, di cui sono stata co-chair con la collega brasiliana Paola Amendoeira negli ultimi quattro anni. 

La commissione per le Nazioni Unite, creata nel 1997, è la più antica tra le committee dell’IPA e dal 1998 le ha permesso di ottenere lo “Special Consultative Status” come organizzazione non governativa all’ONU. Attraverso questo stato consultivo speciale la nostra istituzione psicoanalitica internazionale è invitata a partecipare con documenti scritti e dichiarazioni orali a tavoli di discussione e alla definizione di linee guida su temi che riguardano lo sviluppo sociale e della popolazione, i processi di pace e i diritti umani. Spesso è stata proprio l’IPA a sottolineare il diritto alla salute mentale nei diversi cicli di vita, con particolare attenzione alle minoranze.

I membri della subcommittee sono tutti psicoanalisti, con un compito di rappresentanza a eventi delle Nazioni Unite, tra cui, ad esempio, la Peace Week di Ginevra o la Commission on the Status of Women a New York, che hanno cadenza annuale. Creano inoltre rapporti di collaborazione con agenzie come UNHCR, UNICEF o l’Organizzazione Mondiale della Sanità e organizzazioni internazionali tra cui la Croce Rossa/Mezzaluna Rossa e la rete Alliance for Child Protection in Humanitarian Action. Un compito importante e’ anche quello di condivisione delle informazioni sulle attività umanitarie con gli altri colleghi psicoanalisti.

Negli anni abbiamo potuto osservare ricche e complesse interazioni e dinamiche transferali tra l’IPA, le Nazioni Unite e le altre organizzazioni, governative e non. Alcune di queste si sono rivelate attraverso fraintendimenti significativi, che come psicoanalisti abbiamo aiutato a riconoscere come veri e propri “lapsus”, come quando un ex-combattente delle FARC udì il termine “conflict” (conflitto) nella proposta dell’attivista che le proponeva invece un “coffee” (caffè).

Talvolta i membri della subcommittee sono stati investiti di aspettative dirette alle istituzioni: ad esempio durante un seminario sui diritti umani fummo accusati dell’impotenza delle Nazioni Unite ed erroneamente considerati i suoi rappresentanti, o in una recente conferenza mi è stato raccomandato di “portare a casa tutti gli ostaggi”. Come psicoanalisti possiamo riconoscere quei meccanismi di difesa che originano da situazioni traumatiche individuali o di profonda impotenza e angoscia sociale, talvolta riusciamo ad aiutare il piccolo gruppo a disinnescare reazioni immediate oppure a comprendere come possono evolvere in complesse dinamiche di grande gruppo.

Nel 2014, quando ho iniziato a lavorare in questa commissione IPA, ho intrapreso qualche corso organizzato dalle Nazioni Unite sulla sua storia, e sono rimasta sorpresa dalla capacità di dichiarare esplicitamente i propri errori e la perdita di prestigio nel tempo. Tra questi voglio ricordare che l’ 8 luglio 2025 è stato commemorato il trentesimo anniversario del genocidio di Srebrenica, in cui nel 1995 le Nazioni Unite hanno ritirato il loro contingente di pace permettendo il massacro di più di 8,000 musulmani bosniaci, più tardi riconosciuto come il primo genocidio in Europa dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Per alcune persone questo episodio ha segnato l’inizio della morte delle Nazioni Unite, che continua oggi con l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa – quest’ultima ancora uno dei cinque membri permanenti con potere di veto- e l’impotenza delle sue risoluzioni nei conflitti in tra israeliani e palestinesi, o delle raccomandazioni sulla condizione delle donne in Afghanistan o in Iran. Il conflitto israeliano-palestinese ha provocato molte turbolenze anche all’interno dell’IPA, come ha potuto testimoniare Harriet Wolfe nel suo recente articolo sull’International Journal of Psychoanalysis, in cui riconosce la sua stessa vulnerabilità personale e discute la relazione tra l’IPA e le questioni sociali mondiali:

“C’è una controversia sulla misura in cui la psicoanalisi, e l’IPA in particolare, possano o debbano rispondere alle questioni politiche. I disaccordi collegiali rientrano in due categorie. Da un lato, psicoanalisti sostengono che il metodo clinico debba essere protetto dalla politica. (…) Dall’altro, la politica è vista come parte della vita. L’idea che né l’analista né i suoi pazienti siano influenzati dalle realtà socio politiche passate o presenti si ritiene rifletta un diniego difensivo del ruolo costitutivo della cultura nello sviluppo umano o una dissociazione dalla natura influente e talvolta traumatizzante della vita sociopolitica” (Wolfe, 2025).

Ma quest’anno ricorre anche il trentesimo anniversario della Commissione per la Verità e la Riconciliazione in Sudafrica, come ci ha ricordato Pumla Gobodo-Madikizela nella sua lettura di apertura del congresso, a seguito della quale il focus della discussione è stato dirottato polemicamente sull’appoggio alla popolazione di Gaza, mantenendo così nascosta, a mio avviso, la questione del razzismo istituzionale: questo ci dimostra quanto la tutela dei diritti umani e delle minoranze richieda l’attenzione costante, di tutti noi.

Durante il panel della subcommittee al Congresso IPA a Lisbona, che si è tenuto il 2 agosto 2025, ho potuto riportare le osservazioni che sia l’IPA sia le Nazioni Unite mostrano capacità di mettersi in discussione come istituzioni, superando una mera auto-promozione narcisistica dei propri successi. Un’altra cosa che ho trovato in comune è che assorbono da parte della popolazione una sostanziale delega della responsabilità civica individuale, in un meccanismo che mi appare configurarsi come un assunto di base di dipendenza (Bion, 1961) e in cui il nostro frustrato bisogno di protezione viene sostituito da vari gradi di delusione, colpa, paranoia oppure un più generale e apparentemente innocuo sentimento di diffidenza e sfiducia. 

Mona Sargam Jain ha presentato il suo lavoro “Hope, Mirroring and the Survival of Freedom: from Antigone to 1984 to the United Nations” (Speranza, Rispecchiamento e la sopravvivenza della Libertà: da Antigone a 1984 alle Nazioni Unite) in cui ha declinato il concetto di libertà dal mito greco al romanzo di George Orwell, fino alla personale esperienza di rappresentanza all’Ufficio delle Nazioni Unite a New York. Alexander Kalogerakis, anche lui di New York, ha presentato “Trust, Hope and Resilience in the Analytic Situation and Beyond: a focus on children” (Fiducia, Speranza e Resilienza nella situazione analitica e oltre: un focus sui bambini) facendoci conoscere un suo piccolo paziente, malato oncologico, e portandoci a riflettere sul dolore dell’ ingiustizia. Paola Amendoeira ha concluso con l’intervento “IPA and the UN: two international organizations and the possibility of a fruitful coexistence of differences” (IPA e ONU: due organizzazioni internazionali e la possibilità di una fruttuosa coesistenza di differenze) in cui ha condiviso riflessioni sull’esperienza di co-coordinamento della commissione e sul collegamento tra le Nazioni Unite e le altre commissioni IPA.

E’ seguita una vivace discussione, con domande e tanta curiosità da parte dei partecipanti in sala -purtroppo i colleghi in remoto potevano solo assistere al panel- e molte candidature al coinvolgimento nell’attività della commissione, che ci ha sorpresi felicemente. Mi piace infatti ricordare che le istituzioni sono fatte da tutti noi, che assumerci la nostra responsabilità è il modo sano per reclamare il nostro potere, come dice Patti Smith in una sua canzone: People have the power!

Riferimenti

Bion WR (1970). Attention and interpretation. London: Heinemann.

Elton,V., Leuzinger-Bohleber, M., Schlesinger-Kipp, G., Pender,V. (2022) Trauma, Flight and Migration. Psychoanalytic Perspectives. Routledge.

Wolfe, H. (2025) Psychoanalysis and the Israel–Palestine war:Perspectives on our relevance, The International Journal of Psychoanalysis, 106:1, 144-154,DOI: 10.1080/00207578.2025.2453292

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