Cultura e Società

Proleterka

Fleur Jaeggy (2001) 

Milano, Adelphi, 114 pagine, euro 12,91

 

 Il chiodo intatto del lutto Salperà da Venezia, Riva degli Schiavoni, la nave “Proleterka” che porterà in Grecia un esiguo numero di turisti di lingua tedesca, appartenenti ad una confraternita. E’ l’ora del tramonto, cronologicamente e cromaticamente, l’ora delle separazioni. Separazioni di sera” è il titolo di un famoso quadro di P. Klee che ricorda il tramonto ed indica il punto irrisolto di distacco della luce dalle tenebre, una linea di separazione sfumata e impalpabile, forse perché tutte le separazioni rimangono in una certa misura “imperfette” (o non esiste per esse una misura perfetta).

Recensioni

 
La luce crepuscolare prelude, nella nostra storia, al viaggio di una ragazza non ancora sedicenne con il proprio padre: un viaggio che viene ripercorso nel ricordo del padre ormai morto. Il primo viaggio insieme a lui “e sembra l’ultimo”. Una forma di iniziazione alla vita adulta che ancora non le appartiene e che le sfugge, come la linea dell’orizzonte di sera. Così come le sfugge l’immagine indistinta dell’ufficiale, di cui a modo suo si innamorerà, e che la farà rimanere, alla fine del viaggio, “senza addio”. Un tentativo maldestro di conoscersi conoscendo il padre, Johannes, una figura “inverosimilmente ignota”, eppure unita a lei attraverso “un legame anteriore alle loro esistenze. Una conoscenza nell’estraneità totale.” “Chi era mio padre?” “Chi ero io per lui?” Sono domande che ritornano violentemente intatte, come è violento lo sconvolgimento del passaggio dall’età della bambina a quella della donna, che necessita di (ri)fondare la propria identità nella forma sconosciuta, ma nota, dell’amore per un uomo, che è anche scoperta/ritrovamento dell’amore per e del proprio padre.
 
Domande pungenti come un chiodo. Un chiodo fisso. Un chiodo che rimane intatto, come il chiodo che le viene sorprendentemente restituito dopo il funerale. Un piccolo oggetto che aveva resistito al fuoco della cremazione di Johannes. “ Aveva detto agli inservienti che doveva bruciare con lui” ….quel chiodo che lei stessa aveva messo nella tasca della sua giacca. Qualcosa dunque resiste al tentativo distruttivo e vitale di sbarazzarsi di tutto, un oggetto pungente come il desiderio e come il dolore. Un oggetto passionale e freddo. Del resto passionalità e freddezza contrassegnano tutta la storia e sono il nucleo fondante della scrittura di Fleur Jaeggy. Il chiodo rimanda anche ad una sensorialità quasi “allucinatoria”, collegata potentemente al lutto che non può concludersi se non attraverso il “ritrovamento” dell’oggetto dal quale ci si vuole separare. Ed è così che la (ri)costruzione progressiva porta alla scoperta finale, liberatoria, che ciò che fa claudicare Johannes, è molto simile a quello che lei stessa si porta dentro: quel legame anteriore alle loro esistenze, pienamente riscoperto, che li fa essere padre e figlia al di là di ogni possibile “verità” biologica.

Proleterka spiweb

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