
Dialogando con Glen O. Gabbard
Cosima De Giorgi, Luisa Masina, Antonella Sessarego (a cura di)
(Alpes ed., 2022)
Recensione a cura di Rossella Vaccaro
Le curatrici di Dialogando con Glen O. Gabbard, nel loro mandato di Segretari Scientifici (Cosima De Giorgi, del Centro Veneto di Psicoanalisi; Luisa Masina, del Centro Psicoanalitico di Bologna; Antonella Sessarego, del Centro Psicoanalitico di Firenze), hanno invitato, nellâottobre 2010, Glen O. Gabbard a tenere due Lectio Magistralis al fine di realizzare un confronto a piĂš voci su due temi importanti e attuali. Da questi due incontri âinter-centriâ sono scaturite due discussioni, anchâesse riportate nel libro.
Gabbard ha presentato due relazioni, la prima su Le violazioni dei confini sessuali in psicoanalisi: una retrospettiva trentennale, pubblicata nel 2017 in âPsychoanalytic Psychologyâ, e la seconda (inedita) su Il concetto di cambiamento ârivisitatoâ.
La prima relazione, sulle violazioni del setting, è stata introdotta da Cosima De Giorgi assumendo tre vertici di osservazione sul testo di Gabbard: 1) transfert-controtransfert; 2) soggettivitĂ dellâanalista e funzione analitica; 3) comunitĂ psicoanalitica. Cosima De Giorgi accosta al concetto freudiano di âastinenzaâ la definizione di Gabbard di âcompostezzaâ: cioè la possibilitĂ , da parte dellâanalista, di provare, e ricevere, sentimenti forti verso il paziente e da questâultimo, châegli deve âtrattenereâ e non âagireâ: condizione, questa, per non compromettere il lavoro analitico e la comprensione del paziente.
Se le molte raccomandazioni di Freud riguardo ai rapporti tra analista e paziente hanno il tono di suggerimenti dati agli analisti, per quanto concerne lâastinenza egli è categorico. Freud era infatti molto preoccupato dei comportamenti etici dei suoi allievi, anche alla luce delle questioni che erano insorte con Jung e Jones. Questa sua posizione intransigente mostra quanto peso lui desse a questo potenziale rischio insito nella relazione analista-paziente e quanto, secondo lui, questo rischio avrebbe potuto compromettere la credibilitĂ e la ârispettabilitĂ â della nuova disciplina.
Ă a tutti noto che il problema delle violazioni dei confini sessuali è stato per lungo tempo avvolto da un silenzio reticente, dove molti sapevano e tanti tacevano. A Glen O. Gabbard va senzâaltro il merito di essere stato in prima linea nel rompere apertamente e coraggiosamente questo tabĂš, dedicandosi allâosservazione di questo preoccupante fenomeno per ricercare le possibili strade capaci di prevenirlo o di affrontarlo, sebbene anchâegli debba riconoscere che non esiste, finora, una procedura che dia la certezza di riuscire a neutralizzarlo.
Glen Gabbard è autore di numerose pubblicazioni in cui ha riportato la sua esperienza in qualitĂ di âvalutatore, analista, terapeuta, consulente, supervisor ed educatore nellâarea delle violazioni dei confini sessuali tra medici e pazientiâ. In trentâanni di esperienza ha esaminato oltre 300 casi in cui terapeuti e analisti hanno oltrepassato i confini sessuali con i loro pazienti. Per molti anni ha condotto seminari, e non solo, allo scopo di favorire la consapevolezza di questo fenomeno per troppo tempo tenuto nellâombra. Tuttavia, scrive Gabbard, le violazioni sessuali continuano ad avvenire frequentemente. Gabbard si dice pertanto pessimista rispetto alla possibilitĂ di prevenire questa grave violazione del setting. Un pessimismo frutto della constatazione di quanto numerosi sono i modi in cui gli analisti riescono, ricorrendo a ogni genere di ârazionalizzazioneâ, a sostenere che il loro caso è diverso da tutti gli altri, con argomentazioni che vanno dallâinsuccesso di consulenze e supervisioni alla cecitĂ delle istituzioni psicoanalitiche.
Nella presentazione Gabbard espone la sua comprensione su come si sviluppano i confini sessuali e di come questi ultimi vengono elaborati dagli individui e dai gruppi. Partendo dal presupposto che nellâazione terapeutica psicoanalitica è implicata una forma dâamore, Gabbard articola il suo pensiero per definire cosa sâintende per amore nel setting analitico, non senza dichiarare che la parola âamoreâ è la parola piĂš complessa nel lessico psicoanalitico e che non esiste una forma dâamore che possa trascendere le sottocorrenti dellâeros: â(âŚ) è impossibile separare nettamente lâeros/desiderio sessuale e lâodio/aggressione dallâamore nel setting analiticoâ. I sentimenti di perdita e disperazione nellâanalista, specifica Gabbard, sono da ritenersi indici aggiuntivi rispetto al transfert-controtransfert erotizzato, come in molti casi di sessualizzazione della relazione terapeutica.
Se si guarda ai pazienti, occorre invece tenere presente che lâamore transferale può essere per molti di loro la migliore forma dâamore mai sperimentata prima. Nella fantasia inconscia condivisa di potere trionfare sulla morte, precisa Gabbard, trova spazio la violazione sessuale del setting da parte della coppia analitica decretando cosĂŹ âil fallimento di mentalizzazione e il collasso dello spazio analiticoâ.
Un altro motivo del pessimismo di Gabbard risiede nellâavere constatato che non è possibile attuare una prevenzione della violazione dei confini sessuali predicendo che una particolare tipologia di analisti potrebbe intrattenere una relazione sessuale con un paziente: infatti non può essere ignorata la complessitĂ delle motivazioni che sottendono le violazioni. Se nel passato si è parlato di âlacune superegoicheâ, chiarisce Gabbard, oggigiorno la psicoanalisi contemporanea individua nel Super-io unâorganizzazione mutevole e incoerente, cosĂŹ come la concezione di conflitto intrapsichico è stata superata da una concezione della complessitĂ di relazioni oggettuali interne. Comunque, sorprende lâaffermazione di Gabbard circa le varie razionalizzazioni delle infrazioni etiche il cui denominatore comune è che âle regole non si applicano nel mio casoâ. La possibilitĂ di comprendere la violazione dei confini non può inoltre prescindere dallâosservazione dellâanalista e del paziente, in quanto membri di una comunitĂ psicoanalitica, in cui, appoggiandosi a Bion, gli assunti di base possono consistere nella dipendenza, nellâattacco/fuga e nellâaccoppiamento, (questâultimo come difesa da ansie depressive).
Nella parte finale del suo intervento, Gabbard attribuisce alla scelta di un buon consulente, capace di osservare criticamente dallâesterno la relazione analista-paziente, la possibilitĂ di attivare una prevenzione degli agiti sessuali. Un consulente (una variazione del âterzoâ) col quale lâanalista sente di potere dire qualunque cosa al fine di comprendere la complessitĂ della situazione.
Gabbard conclude sottolineando che non sono pochi gli analisti che sono stati in grado di riabilitarsi attraverso âun programma di educazione, cura e monitoraggio intensivoâ e che la prevenzione non può prescindere da unâanalisi personale e dal continuare a incoraggiare e sostenere la decisione di ogni analista di mettere al primo posto i bisogni del paziente.
Segue alla presentazione di Gabbard una discussione volta allâapprofondimento di temi emersi nel successivo dibattito. Molti i temi approfonditi e tutti significativi. Per motivi di sintesi e di spazio, ne segnalo solo uno, rimandando, per gli altri, alla lettura del testo.
Ferma è la posizione di Gabbard circa âle violazioni inapparenti: lâavvio di relazioni analista/paziente dopo la fine dellâanalisiâ, un aspetto ignorato dalla letteratura psicoanalitica. Gabbard si riferisce a quelle situazioni in cui, una volta conclusasi lâanalisi o sul finire di questâultima, lâanalista accetta e/o favorisce dâintrattenere un rapporto, che in alcuni casi diventa una relazione amorosa, con il paziente, negando lâevidenza â egli sostiene – che quando si è stati analista di quel paziente non si può diventare suoi amici nĂŠ altro. Gabbard sta qui escludendo leanalisi cosiddette âdidattiche, è infatti prassi comune, e in un certo senso inevitabile, che lâex-candidato e il suo analista di training, una volta che il primo sia diventato membro della comunitĂ degli analisti, intrattengano rapporti di studio e ricerca e si frequentino abitualmente. Rapporti talvolta indicati come lâopportunitĂ di liquidare quei residui di transfert rimasti dopo la conclusione dellâanalisi e portare a compimento il processo di âde-idealizzazioneâ del proprio ex-analista.
Luisa Masina introduce la seconda, e inedita, relazione di Gabbard, âIl concetto di cambiamento rivisitatoâ, sottolineando come, per lâautore, il concetto di cambiamento privilegi il âcomeâ piuttosto che il âche cosaâ, cioè pone particolare attenzione ai modi in cui il paziente comunica, piuttosto che alla ricerca dei contenuti. Lâattenzione al âcome âil paziente comunica, piuttosto che ai contenuti della comunicazione, è essenziale nel caso, sempre piĂš diffuso, di patologie narcisistiche. Con efficaci esemplificazioni cliniche, Luisa Masina sottolinea gli attributi con cui Gabbard definisce una psicoanalisi contrapposta a stereotipi e luoghi comuni: ânon coercitivaâ, âsovversivaâ e ânon convenzionaleâ. Gabbard afferma che la psicoanalisi non è coercitiva in quanto, adattando il proprio approccio alle caratteristiche del paziente e ponendo al centro la sua autonomia, crea uno spazio importante dove aiuta il paziente a divenire protagonista delle sue scelte di vita. La psicoanalisi è sovversiva, continua Gabbard, poichĂŠ non accetta che lâobiettivo del trattamento psicoanalitico sia lâeliminazione dei sintomi. Lâambizione terapeutica dellâanalista può infatti rivelarsi come unâinterferenza con il bisogno del paziente di evolversi in autonomia, tenendo inoltre presente cheâ i sintomi possono essere parte integrante del sĂŠ, che il paziente richiede per avere un senso di vitalitĂ â. E ancora, la psicoanalisi non è convenzionale, poichĂŠ rispetta la ricerca del paziente di âsoluzioni altamente funzionanti personaliâ. Gabbard esorta a non agire quella che lui chiama âlâambizione terapeutica dellâanalista al servizio delle sue aspettative narcisisticheâ, come i genitori tendono a vedere il successo del bambino come un riflesso di loro stessi. Di qui lâimportanza di accettare il paziente alle sue condizioni.
Nella riflessione sul suo lavoro di ricerca, tuttora in corso, su âquale quantitĂ e qualitĂ di cambiamento ci si possa aspettare dal lavoro psicoanaliticoâ, Gabbard si appoggia a utili considerazioni espresse da altri autori, come Roy Schafer, rispetto allâapproccioâ affermativoâ della resistenza, a Greenberg, che sottolinea come lâobiettivo dellâanalisi sia la ricerca della veritĂ rispetto al proprio sĂŠ. Altri autori vengono citati da Gabbard, tra quali significativo è Poland, che sottolinea quanto lâessere genuinamente âtestimoneâ di ciò che è importante per il paziente possa essere di per sĂŠ terapeutico. Rispetto alla nota alternativa: âinterpretazione contro relazioneâ, Gabbard pone nuovamente lâattenzione piĂš sul come una persona pensa piuttosto che su che cosa pensa. Bella e significativa del suo pensiero la conclusione di questo suo secondo elaborato, in cui, citando quella che lui definisce la âsaggezza di Bionâ, esorta gli analisti a lavorare tenendo presente che âil nostro dovere è in definitiva rivolto verso il paziente, e non verso la psicoanalisiâ.
Una ricca discussione segue anche questo secondo lavoro, dove davvero molti sono gli argomenti trattati e approfonditi; e per ognuno Gabbard mette generosamente a disposizione le proprie esperienze ed esempi clinici. Mi soffermo qui sulle sue riflessioni circa âChe cosâè lâortodossiaâ. Ortodossia, afferma Gabbard, non è un termine molto utile al giorno dâoggi e ha rappresentato per la comunitĂ psicoanalitica un problema rilevante e per un periodo duraturo, che ha spesso legittimato osservazioni giudicanti sul lavoro clinico altrui. Attualmente si è molto ridotta in seguito ai molteplici approcci con cui si guarda al paziente e allâanalista. Soprattutto oggigiorno âguardiamo al paziente e allâanalista come persone che attraversano una varietĂ di esperienze emozionali che cercano entrambi di capireâ. Lâortodossia, sottolinea Gabbard, può essere una copertura dietro cui lâanalista nasconde uno stato di non conoscenza del paziente a favore dellâimposizione di un modello e a danno della messa in campo di quellâatteggiamento empatico di ascolto che è il formidabile strumento dellâanalista.
âLa capacitĂ di cambiare â osserva Antonella Sessarego nella sua bella postfazione â deve essere una caratteristica dellâanalista tanto quanto del pazienteâ e questa si accompagna con la capacitĂ di âpensare apertamente al pazienteâ espressa da Gabbard. CapacitĂ , strumenti, preziosi e indispensabili alla prevenzione del rischio di violare la soggettivitĂ del paziente.
Leggere Dialogando con Glen O. Gabbard offre lâopportunitĂ di concentrarsi sugli eventi intra-analitici che prendono vita nella stanza dâanalisi e che contraddistinguono lâesperienza clinica condivisa dallâanalista e dal suo paziente. La chiarezza con cui Gabbard tratta i temi presentati nel testo lo rendono una lettura piacevole e attraente, oltre che utile e interessante. Gabbard, mettendo generosamente a disposizione le sue idee e la sua personale esperienza, evidenzia e approfondisce eventi che accomunano tutti gli psicoanalisti, e lo fa con uno stile libero da ridondanze e virtuosismi teorici. Il suo è uno stile âleggeroâ, proprio di chi ha a lungo elaborato il suo sentire clinico e il suo sapere psicoanalitico. Lâefficace lavoro di âricucituraâ delle curatrici rende il testo armonico nelle sue parti offrendo ulteriori riflessioni, e avere riportato integralmente gli interventi diretti di Gabbard permette una preziosa fruibilitĂ del suo pensiero. La pubblicazione di questo libro ha inoltre il merito di richiamare lâattenzione sul delicato problema delle violazioni dei confini sessuali, tema di cui ancora si parla troppo poco. Ancora, la rivisitazione del concetto di cambiamento, che Gabbard propone, esplicita âcome la psicoanalisi contemporanea sia viva e affascinante, e come sia un privilegio poter interloquire con buona intesa con maestri della psicoanalisi di questo livelloâ, come scrive Stefano Bolognini nella sua puntuale prefazione al libro.