La Ricerca

The language of Bion

di Paulo Cesar Sandler (2005)

Londra & New York, Karnac, pag 853, £ 45.00

Recensione di Giuseppe Civitarese

Un libro entusiasmante per chiunque sia seriamente interessato a Bion, destinato a diventare un’opera di riferimento che potrebbe eclissare i contributi che l’hanno preceduto, pure preziosi, di Grinberg, Sor e Tabak de Bianchedi, e dei Symington, nonché quello più recente e simile nella struttura di López-Corvo. Pertanto, non si può che auspicarne una tempestiva traduzione.

Sandler, che da almeno vent’anni scrive su Bion e lo insegna in vari contesti, attualmente nel corso post-laurea dell’Università di São Paulo e all’Istituto di Psicoanalisi della SBPSP, si pone un compito impegnativo: sfatare la leggenda dell’oscurità e dell’impervietà dei suoi testi. L’obiettivo è pienamente raggiunto, anche se, com’è ovvio, nessuna lettura può aspirare a essere esaustiva e definitiva.

Recensioni

The language of Bion si presenta come un dizionario di concetti, quindi più come uno strumento di consultazione occasionale, ma di fatto si fa leggere dall’inizio alla fine: molti lemmi sono dei veri e propri saggi, a volte anche piuttosto estesi, ed è il caso di dire che mai come in questo caso le ripetizioni sono utili e consentono di mettere gradualmente a fuoco concetti che indubbiamente non sono facili da maneggiare sia per una certa quota d’ambiguità che lo stesso Bion riconosceva, e anzi rivendicava, sia perché possono apparire così luminosi da sedurre a un uso stereotipato.

Particolarmente intriganti sono, alla fine di ogni lemma, i rimandi interni e la rubrica critica degli “abusi” (misuses) e dei fraintendimenti (misunderstandings). Altro carattere specifico del lavoro è l’ampio uso di citazioni, e in particolare di citazioni tratte dalla trilogia Memoria del futuro, che molti trascurano, ma di cui Sandler, che ne ha curato la traduzione in portoghese, dimostra l’estremo interesse, la pregnanza teorica e la funzione specifica che essa riveste all’interno del sistema complessivo del pensiero di Bion.

Naturalmente non è possibile dar conto in poche righe di un libro che conta 850 pagine. Mi limito a elencare almeno un altro paio di punti qualificanti. La centralità, nell’interpretazione dell’autore, del concetto di paradosso: quasi ad ogni pagina Sandler ribadisce che se non si riesce a tollerare il paradosso non c’è molto da sperare di cogliere l’essenza delle teorie di Bion336 Poi, l’adozione sistematica della prospettiva storica: affascinante è, ad esempio, il modo in cui sono delineati i vari passaggi evolutivi che portano dal lavoro-del-sogno al concetto “vuoto” di funzione .

L’unico punto debole del volume sta, a mio avviso, in una comprensione non sempre condivisibile del clima epistemologico maturato nella filosofia critica del post-strutturalismo e dei principi che lo ispirano e delle ricadute sulla psicoanalisi cosiddetta post-moderna. Ma questo neo, ammesso che si sia concordi nel considerarlo tale, è ampiamente compensato dai tanti pregi che rendono questa un’opera che non esito a definire indispensabile.

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